Fiore di roccia di Ilaria Tuti è un romanzo che avevo già segnalato tra le uscite recenti (clicca qui per leggere l’articolo). Questo libro mi ha colpito subito per il titolo che univa due immagini. Da un lato la bellezza del fiore, dall’altro la forza della roccia, lasciando intendere una storia in cui i due sentimenti fossero in grado di unirsi. Dove? Nella determinazione delle donne.
Oggi il cielo ha il colore del fucile che il soldato porta in spalla, per ora inerte; mi auguro che entrambi restino muti, che non scoppino in fulmini e raffiche di spari.
Trama
Le protagoniste sono le contadine di Timau, soprannominate le “portatrici carniche”, perché durante la Prima Guerra Mondiale aiutavano i soldati al fronte trasportando rifornimenti di ogni genere grazie alle gerle caricate sulle spalle. Sono gli occhi di Agata a descrivere in prima persona tutte le vicende di queste donne che con il loro impegno diventano un reparto fondamentale a sostegno dell’esercito. Le storie di queste ragazze e delle loro famiglie si intrecciano con un’Italia giovane, ma guidata da un forte senso di responsabilità. E’ un libro che andrebbe letto dalle donne per ricordare che l’emancipazione femminile ha radici lontane e la conquista dell’indipendenza è un traguardo da proteggere e tutelare.
Dovrebbero leggerlo gli uomini per scoprire che la forza delle donne apre spazi sconfinati e non può e non deve essere combattuta, ma riconosciuta e apprezzata. Ilaria Tuti, grazie a un minuzioso lavoro di ricerca, ha portato alla luce uno spaccato dimenticato della nostra storia. L’autrice ha reso onore alle tante donne che hanno combattuto portando i segni della guerra sul corpo e sull’anima da vere eroine.
Il romanzo storico spesso intimorisce, si ha paura che possa essere una lettura pesante o difficile da sostenere. Per questo libro non è assolutamente così. Con un linguaggio diretto e a volte crudo si viene trasportati indietro nel tempo, in Friuli, per raccontare la nostra storia di italiani e di donne.
È come se la morte ci avesse chiamate alle armi per difendere la vita. Non possiamo attendere, né affidarci alla speranza. A volte penso che siamo noi la speranza. E siamo tante. Duemila donne, dicono. Un battaglione.
Curiosità
Alla fine del libro, Ilaria Tuti (clicca qui per la biografia) racconta come è nato Fiore di roccia, le fonti e gli studi su cui ha lavorato per dare voce a una storia dimenticata. Della nota dell’autrice mi ha colpito un dato. C’è una sola donna che viene ricordata a simbolo delle portatrici carniche Maria Plozner Mentil.
Unica donna a cui è intitolata una caserma, unica a venir premiata con la medaglia d’oro al valor militare nel 1997 dal Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Una medaglia arrivata 81 anni dopo la sua morte, una per simboleggiare tantissime donne. Basta leggere il libro per capire che è troppo poco.
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